Gli elementi per l’individuazione del distretto rurale sono multipli e multisettoriali, basati oltremodo su un’organizzazione ben precisa sia in termini economici sia sociali del contesto in cui
si andrebbe a calare.
Ad oggi, le Regioni che hanno emanato una specifica normativa per il riconoscimento dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità sono:
Regione Normativa
Lazio LR n. 1/06 Istituzione dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità
Sicilia LR n. 20/05 Misure per la competitività del sistema produttivo
Abruzzo LR n. 18/05 Istituzione dei distretti rurali
Calabria LR n. 21/04 Istituzione dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità
LR n. 26/03 Istituzione dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità
Piemonte
LR n. 29/08 Individuazione, istituzione e disciplina dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari
Toscana LR n. 21/04 Disciplina dei distretti rurali
Veneto LR n. 40/03 Nuove norme per gli interventi in agricoltura. Titolo III - Distretti rurali e agroalimentari di qualità
LR n. 1/01 Riconoscimento ed istituzione dei distretti industriali e dei sistemi produttivi locali
Basilicata DGR n. 1931/03 Distretti rurali e agroalimentari di qualità – Procedure per la loro individuazione Calabria, Lazio, Piemonte e Veneto hanno recepito a pieno le disposizioni del decreto legislativo 228/01, prevedendo sia distretti rurali, sia distretti agro-alimentari di qualità. La Liguria si è limitata all’individuazione dei distretti con legge regionale facendo riferimento diretto al decreto legislativo nazionale. La Regione Basilicata, invece, ha esteso, con DGR n. 1931/03, la pre-esistente normativa per il riconoscimento e l’istituzione dei distretti industriali al settore primario, affermando un concetto essenzialmente produttivistico delle realtà distrettuali agricole, diversamente dalle altre Regioni che, sposando la disciplina nazionale, hanno di fatto legato il concetto, soprattutto quello di distretto rurale, alle vocazioni dei territori piuttosto che alla realtà produttiva e ai rapporti tra imprese nelle aree1. La normativa di Abruzzo e Toscana prevede solo il riconoscimento dei distretti rurali, mentre quella siciliana riconosce esclusivamente distretti agro-alimentari.
In tutti i casi, il riconoscimento dei distretti è finalizzato a promuovere e sostenere:
- la nascita di relazioni tra imprese;
- le iniziative di promozione e innovazione dell'immagine del territorio;
- la concentrazione dell’offerta in una logica di filiera;
- la promozione di attività conoscitive e informative finalizzate allo studio e al monitoraggio delle
problematiche territoriali;
- l'aggregazione e il confronto tra gli attori locali;
- il mantenimento e la crescita occupazionale;
- la gestione integrata e partecipata delle politiche territoriali per migliorare la qualità del
territorio;
- la partecipazione degli organi distrettuali alla programmazione regionale.
La disciplina di riconoscimento e le finalità di individuazione pongono il distretto agricolo come elemento di governo sia territoriale sia produttivo.
Per quanto riguarda i criteri di definizione, la normativa regionale rimane vaga. Per i distretti agroalimentari di qualità, in genere, questa fa riferimento a:
- l’omogeneità del contesto produttivo;
- una significativa concentrazione di imprese e di PMI;
- relazioni consolidate tra imprese e tra sistema produttivo e contesto istituzionale locale;
- la presenza sul territorio di centri di ricerca, innovazione e formazione.
L’unica eccezione è rappresentata dalla regione Sicilia che, nella legge di istituzione dei distretti
agro-alimentari, ha definito precisi criteri di tipo quali - quantitativo per il riconoscimento del
distretto: almeno 150 imprese, 300 addetti e una capacità di commercializzazione pari al 15%
dell’intera produzione regionale del comparto di riferimento.
L’identificazione del distretto rurale è meno omogenea. Per Calabria, Piemonte, e Basilicata, infatti,
gli elementi peculiari del riconoscimento sono maggiormente legati alle dinamiche produttive del
territorio e al sistema di governance dei processi di sviluppo locale che possono emergere
dall’istituzione di un distretto rurale:
- la produzione agricola coerente con le vocazioni territoriali;
- le relazioni consolidate tra imprese e tra sistema produttivo e contesto istituzionale locale;
- l’integrazione tra l’attività agricola e le altre attività.
Toscana e Lazio fanno riferimento anche all’omogeneità dell’identità storica e culturale del
territorio candidato, estendendo il concetto di distretto fino a comprendere dinamiche non
strettamente economiche che legano l’attività produttiva alla realtà locale.
Le differenze nella normativa regionale sono evidenti anche in termini di gestione del distretto.
Nella normativa di Piemonte e Toscana non è specificato chi debba essere il soggetto gestore del
Distretto, mentre è stabilito che le Province si occupino della programmazione dei sistemi
riconosciuti. Anche la normativa siciliana non fa alcun riferimento agli organi di gestione;
individua, però, le funzioni e le modalità organizzative, attraverso un patto tra le imprese, approvato
dalla Regione che ne verifica la compatibilità economica rispetto agli strumenti di programmazione
comunitaria, nazionale e regionale e finanziandone le azioni previste. Il Lazio si limita a prevedere,
nell’ambito del Piano di Distretto, la descrizione della forma organizzativa, del soggetto gestore e
delle sue funzioni.
Basilicata e Liguria prevedono l’istituzione di un Comitato di distretto composto da imprenditori,
sindacati, rappresentanti degli Enti locali e rappresentanti delle Camere di commercio (solo
Basilicata) e da esperti del settore (solo Liguria).
Le legislazioni di Veneto e Abruzzo non specificano né gli elementi per il riconoscimento dei
distretti, né i relativi organi di gestione, rimandando tali materie ad ulteriore provvedimento
normativo.
I distretti riconosciuti
Ad oggi, sono stati ufficialmente riconosciuti sette distretti agro-alimentari e quattro rurali (3 in
Toscana e uno nel Lazio).
Atto di riconoscimento e denominazione ufficiale Distretti
Regione Riferimento normativo Denominazione
Basilicata DGR n.1444 del 28/07/03 Distretto agroindustriale del Vulture
DGR n.855 del 12/10/04 Distretto agroalimentare del Metapontino e dei Fondovalle irrigui
Calabria LR n.21/05 Distretto agroalimentare di qualità di Sibari
Lazio LR n.3/06 Distretto rurale Monti Cimini
Liguria LR 42/01 Distretto agricolo florovivaistico del Ponente Ligure
DGR n.18-12449 del 10/05/04 Distretto floricolo del Lago Maggiore
DGR n. 35-6184 Piemonte del 18/06/07 Distretto del riso
DGR n. 35-6184 del 18/06/08 Distretto agroalimentare orticolo
DGR n.549 del 3/06/03 Distretto rurale della Maremma
Toscana Dec.ass. n.5001 del 26/10/06 Distretto rurale Vivaistico-ornamentale Provincia di Pistoia
Dec.ass. n.5002 del 26/10/06 Distretto Floricolo interprovinciale Lucca-Pistoia Gli elementi che hanno portato all’individuazione e al riconoscimento dei distretti sono estremamente differenti tra Regioni, in quanto non esiste ancora una metodologia univoca di identificazione delle caratteristiche distrettuali. Infatti, se i distretti rurali toscani nascono per creare occasioni di sviluppo dei un territorio delle Province a forte vocazione rurale, nel Lazio risponde ad esigenze di sviluppo di un territorio ricco di storia e tradizione.
Per quanto riguarda quelli agroalimentari di qualità, tutti sembrano svilupparsi dal forte radicamento territoriale dell’attività produttiva di riferimento, l’industria delle bevande (vino e acque minerali) nel Vulture, le produzioni ortofrutticole nel Metapontino, nella piana di Sibari e nell’Alessandrino, il florovivaismo nei distretti del Ponente Ligure e del Lago Maggiore, la tradizionale coltura risicola delle Province Piemontesi. Differenti sono però gli schemi di identificazione delle aree distretto, delle imprese e degli occupati di riferimento, dei soggetti che ne fanno parte.
Fonte : http://www.progettazioneinnovazione.com/
si andrebbe a calare.
Ad oggi, le Regioni che hanno emanato una specifica normativa per il riconoscimento dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità sono:
Regione Normativa
Lazio LR n. 1/06 Istituzione dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità
Sicilia LR n. 20/05 Misure per la competitività del sistema produttivo
Abruzzo LR n. 18/05 Istituzione dei distretti rurali
Calabria LR n. 21/04 Istituzione dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità
LR n. 26/03 Istituzione dei distretti rurali e agro-alimentari di qualità
Piemonte
LR n. 29/08 Individuazione, istituzione e disciplina dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari
Toscana LR n. 21/04 Disciplina dei distretti rurali
Veneto LR n. 40/03 Nuove norme per gli interventi in agricoltura. Titolo III - Distretti rurali e agroalimentari di qualità
LR n. 1/01 Riconoscimento ed istituzione dei distretti industriali e dei sistemi produttivi locali
Basilicata DGR n. 1931/03 Distretti rurali e agroalimentari di qualità – Procedure per la loro individuazione Calabria, Lazio, Piemonte e Veneto hanno recepito a pieno le disposizioni del decreto legislativo 228/01, prevedendo sia distretti rurali, sia distretti agro-alimentari di qualità. La Liguria si è limitata all’individuazione dei distretti con legge regionale facendo riferimento diretto al decreto legislativo nazionale. La Regione Basilicata, invece, ha esteso, con DGR n. 1931/03, la pre-esistente normativa per il riconoscimento e l’istituzione dei distretti industriali al settore primario, affermando un concetto essenzialmente produttivistico delle realtà distrettuali agricole, diversamente dalle altre Regioni che, sposando la disciplina nazionale, hanno di fatto legato il concetto, soprattutto quello di distretto rurale, alle vocazioni dei territori piuttosto che alla realtà produttiva e ai rapporti tra imprese nelle aree1. La normativa di Abruzzo e Toscana prevede solo il riconoscimento dei distretti rurali, mentre quella siciliana riconosce esclusivamente distretti agro-alimentari.
In tutti i casi, il riconoscimento dei distretti è finalizzato a promuovere e sostenere:
- la nascita di relazioni tra imprese;
- le iniziative di promozione e innovazione dell'immagine del territorio;
- la concentrazione dell’offerta in una logica di filiera;
- la promozione di attività conoscitive e informative finalizzate allo studio e al monitoraggio delle
problematiche territoriali;
- l'aggregazione e il confronto tra gli attori locali;
- il mantenimento e la crescita occupazionale;
- la gestione integrata e partecipata delle politiche territoriali per migliorare la qualità del
territorio;
- la partecipazione degli organi distrettuali alla programmazione regionale.
La disciplina di riconoscimento e le finalità di individuazione pongono il distretto agricolo come elemento di governo sia territoriale sia produttivo.
Per quanto riguarda i criteri di definizione, la normativa regionale rimane vaga. Per i distretti agroalimentari di qualità, in genere, questa fa riferimento a:
- l’omogeneità del contesto produttivo;
- una significativa concentrazione di imprese e di PMI;
- relazioni consolidate tra imprese e tra sistema produttivo e contesto istituzionale locale;
- la presenza sul territorio di centri di ricerca, innovazione e formazione.
L’unica eccezione è rappresentata dalla regione Sicilia che, nella legge di istituzione dei distretti
agro-alimentari, ha definito precisi criteri di tipo quali - quantitativo per il riconoscimento del
distretto: almeno 150 imprese, 300 addetti e una capacità di commercializzazione pari al 15%
dell’intera produzione regionale del comparto di riferimento.
L’identificazione del distretto rurale è meno omogenea. Per Calabria, Piemonte, e Basilicata, infatti,
gli elementi peculiari del riconoscimento sono maggiormente legati alle dinamiche produttive del
territorio e al sistema di governance dei processi di sviluppo locale che possono emergere
dall’istituzione di un distretto rurale:
- la produzione agricola coerente con le vocazioni territoriali;
- le relazioni consolidate tra imprese e tra sistema produttivo e contesto istituzionale locale;
- l’integrazione tra l’attività agricola e le altre attività.
Toscana e Lazio fanno riferimento anche all’omogeneità dell’identità storica e culturale del
territorio candidato, estendendo il concetto di distretto fino a comprendere dinamiche non
strettamente economiche che legano l’attività produttiva alla realtà locale.
Le differenze nella normativa regionale sono evidenti anche in termini di gestione del distretto.
Nella normativa di Piemonte e Toscana non è specificato chi debba essere il soggetto gestore del
Distretto, mentre è stabilito che le Province si occupino della programmazione dei sistemi
riconosciuti. Anche la normativa siciliana non fa alcun riferimento agli organi di gestione;
individua, però, le funzioni e le modalità organizzative, attraverso un patto tra le imprese, approvato
dalla Regione che ne verifica la compatibilità economica rispetto agli strumenti di programmazione
comunitaria, nazionale e regionale e finanziandone le azioni previste. Il Lazio si limita a prevedere,
nell’ambito del Piano di Distretto, la descrizione della forma organizzativa, del soggetto gestore e
delle sue funzioni.
Basilicata e Liguria prevedono l’istituzione di un Comitato di distretto composto da imprenditori,
sindacati, rappresentanti degli Enti locali e rappresentanti delle Camere di commercio (solo
Basilicata) e da esperti del settore (solo Liguria).
Le legislazioni di Veneto e Abruzzo non specificano né gli elementi per il riconoscimento dei
distretti, né i relativi organi di gestione, rimandando tali materie ad ulteriore provvedimento
normativo.
I distretti riconosciuti
Ad oggi, sono stati ufficialmente riconosciuti sette distretti agro-alimentari e quattro rurali (3 in
Toscana e uno nel Lazio).
Atto di riconoscimento e denominazione ufficiale Distretti
Regione Riferimento normativo Denominazione
Basilicata DGR n.1444 del 28/07/03 Distretto agroindustriale del Vulture
DGR n.855 del 12/10/04 Distretto agroalimentare del Metapontino e dei Fondovalle irrigui
Calabria LR n.21/05 Distretto agroalimentare di qualità di Sibari
Lazio LR n.3/06 Distretto rurale Monti Cimini
Liguria LR 42/01 Distretto agricolo florovivaistico del Ponente Ligure
DGR n.18-12449 del 10/05/04 Distretto floricolo del Lago Maggiore
DGR n. 35-6184 Piemonte del 18/06/07 Distretto del riso
DGR n. 35-6184 del 18/06/08 Distretto agroalimentare orticolo
DGR n.549 del 3/06/03 Distretto rurale della Maremma
Toscana Dec.ass. n.5001 del 26/10/06 Distretto rurale Vivaistico-ornamentale Provincia di Pistoia
Dec.ass. n.5002 del 26/10/06 Distretto Floricolo interprovinciale Lucca-Pistoia Gli elementi che hanno portato all’individuazione e al riconoscimento dei distretti sono estremamente differenti tra Regioni, in quanto non esiste ancora una metodologia univoca di identificazione delle caratteristiche distrettuali. Infatti, se i distretti rurali toscani nascono per creare occasioni di sviluppo dei un territorio delle Province a forte vocazione rurale, nel Lazio risponde ad esigenze di sviluppo di un territorio ricco di storia e tradizione.
Per quanto riguarda quelli agroalimentari di qualità, tutti sembrano svilupparsi dal forte radicamento territoriale dell’attività produttiva di riferimento, l’industria delle bevande (vino e acque minerali) nel Vulture, le produzioni ortofrutticole nel Metapontino, nella piana di Sibari e nell’Alessandrino, il florovivaismo nei distretti del Ponente Ligure e del Lago Maggiore, la tradizionale coltura risicola delle Province Piemontesi. Differenti sono però gli schemi di identificazione delle aree distretto, delle imprese e degli occupati di riferimento, dei soggetti che ne fanno parte.
Fonte : http://www.progettazioneinnovazione.com/
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