venerdì 14 ottobre 2011

Il virus nel piatto I cibi a rischio per i 12 milioni di italiani che mangiano al bar.

Sono oltre 12 milioni gli italiani che pranzano ogni giorno fuori casa, al ristorante o al bar, secondo un’indagine condotta dal centro studi della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe). Panino, pizza, un primo o un’insalata mista sono i piatti più richiesti, generalmente più economici (in media si spendono 7 euro al giorno) e più veloci da consumare.
Ma solo in pochi si chiedono che cosa contengano questi piatti. Senza preoccuparsi, quindi, dell'eventualità di una tossinfezione alimentare, che può essere causata dall'ingestione di cibi contaminati da batteri, virus o tossine.
Ma quali sono, allora, gli alimenti più a rischio (guarda la gallery) o quelli proibiti per legge che non dovrebbero mai comparire sulla tavola di un ristorante? «I prodotti più facilmente deperibili sono quelli che contengono proteine e acqua, come la carne, il pollo, il pesce», spiega Maria Zemira Nociti, tecnologo alimentare.


L'INADEGUATA CONSERVAZIONE. I problemi che possono riguardare più da vicino il deterioramento della carne, ma anche del pesce o di altre pietanze come il brodo, possono essere dati da una inadeguata conservazione degli alimenti crudi e da una cattiva gestione di quelli cotti.
Se non vengono consumati subito dopo averli cucinati, infatti, questi cibi devono essere conservati in frigorifero a meno di quattro gradi e riscaldati se rimangono a temperatura ambiente per più di due ore. Ovviamente, a patto che non fossero alterati già al momento dell’acquisto da parte del ristoratore.
Ma sui controlli della qualità degli alimenti, in particolare per quelli che provengono dall’estero, il ministro della Salute Ferruccio Fazio, intervenuto a una tavola rotonda organizzata dal Fipe, ha assicurato che l'Italia è all’avanguardia e che i consumatori possono stare tranquilli. Certo, restano i rischi legati alla cattiva conservazione e cottura degli alimenti, oltre alle corrette norme igieniche, che nella maggior parte dei casi si presentano nelle case più che nei locali pubblici, come racconta Nociti, coautrice di una guida sulla sicurezza alimentare.


Fonte : Lettera 43

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