mercoledì 18 luglio 2012

La top ten dei cibi che produciamo noi ma che vengono importati

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Al Forum Internazionale sull’energia di Venezia, Coldiretti ha stilato una classifica dei cibi più inquinanti, per sollecitare un comportamento d'acquisto responsabile. Vino australiano, prugne cilene e carne argentina sono tra i primi posti della top ten dei cibi che sprecano energia e contribuiscono all’emissione di gas ad effetto serra a causa dei  trasporti che subiscono per arrivare in Italia, poichè devono percorrere distanze nettamente superiori ai 10mila chilometri prima di giungere sulle tavole. Possono essere, ovviamente, sostituiti da alimenti di origine nostrana.

Continua la classifica dei prodotti inquinanti: il mango del Peru’, l’anguria da Panama, la carne dal Brasile, l’aglio dalla Cina, l’uva da tavola dal Sud Africa, i meloni da Guadalupe e il riso dagli Usa. "Per alcuni di questi prodotti sono stati rilevati anche problemi di carattere sanitario, come nel caso della carne proveniente dal Brasile", mentre per gli altri prodotti non è giustificabile l'acquisto, in quanto ne possediamo la versione fresca Made in Italy.
Secondo la Coldiretti, consumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzione agli imballaggi , una famiglia può arrivare ad abbattere fino a 1000 chili di anidride carbonica ( CO2 ) l'anno, oltre che ridurre la spazzatura di DUE CHILOGRAMMI per ogni consumatore. Secondo i calcoli pubblicati sul comunicato, il vino dall’Australia, ad esempio, per giungere sulle tavole italiane deve percorre oltre 16mila chilometri, con un  consumo di 9,4 chili di petrolio e l’emissione di 29,3 chili di anidride carbonica; le prugne dal Cile che devono volare 12mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di petrolio che liberano 22 chili di anidride carbonica; la carne argentina viaggia per 11mila bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 chili di anidride carbonica attraverso il trasporto aerei.

A livello globale è stato calcolato che un pasto medio percorre più di 1.900 chilometri per camion, nave e/o aeroplano prima di arrivare sulla nostra tavola e spesso ci vuole più energia per consegnare il pasto al consumatore di quanto il pasto stesso provveda in termini nutrizionali.
All'estero si corre ai ripari: una grande catena di distribuzione inglese, ad esempio, applica un aeroplanino sulle confezione della frutta e verdura importate da altri continenti, quindi ad alto impatto ambientale. Altri centri commerciali ospitano all'interno dei locali un vero mercato per la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli, come Coldiretti sta cercando di introdurre in Italia.

In Italia la Coldiretti ha avviato una mobilitazione
per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli che non inquinano: l'introduzione dell'obbligo di indicare in etichetta la provenienza di cibi in vendita, disponibilità di spazi adeguati nella distribuzione commerciale, dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze, farmer market e inaugurazione del primo circuito a chilometri zero.  

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