Una disposizione che ha solo pochi anni di vita, ma che semplifica e
rende trasparente la scelta dei cibi che finiscono sulle nostre tavole.
Stiamo parlando della tracciabilità dei prodotti alimentari, in vigore
in tutta l’Unione Europea dal 2005. Vediamo quindi cosa si trova in
etichetta, e come fare a scegliere in modo consapevole.
Una storia breve… ma intensa
La tracciabilità dei cibi nasce come uno strumento di sicurezza alimentare.
La provenienza degli alimenti infatti non rappresenta di per sé un
fattore in grado di discriminarne la qualità, quanto piuttosto può
essere utilizzata per la gestione di eventuali situazioni problematiche
in tema di sicurezza alimentare.
Il Regolamento CE n. 178 del 2002
stabilisce infatti la cosiddetta “procedura di rintracciabilità”, uno
strumento che consenta ai consumatori di effettuare scelte consapevoli,
definendola infatti come “la possibilità di ricostruire e seguire il
percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla
produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a
far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della
produzione, della trasformazione e della distribuzione”.
Tra
le problematiche affrontate vi è anche l’esigenza di prevenire
adulterazioni o contraffazioni di prodotti: un esempio è rappresentato
dall’olio extravergine di oliva. L’obbligo di
specificare in etichetta il luogo di origine della materia prima (olive)
e la sede del frantoio tutela il consumatore da eventuali frodi come
olio prodotto in Italia da olive straniere, oppure lavorato all’estero
da aziende italiane. La tracciabilità in etichetta, in questo caso,
consente non solo ai consumatori di scegliere un prodotto al 100%
italiano, ma anche alle autorità preposte di controllare che chi si
fregia in etichetta delle diciture DOP, IGT o IGP ne abbia effettivamente il diritto.
Tracciabilità e rintracciabilità
Contrariamente
a quanto si possa pensare questi termini non sono esattamente sinonimi,
eppure rappresentano due facce della stessa medaglia:
- Tracciare
sta a significare la capacità di descrivere il percorso di una materia prima o di un lotto di produzione attraverso i passaggi da un’entità commerciale ad un’altra, all’interno della filiera produttiva. In sostanza, al flusso di merci avviene parallelamente un flusso di informazioni, che vengono registrate e conservate ad ogni passaggio. - Rintracciare
significa, invece, poter ricostruire all’indietro l’intero percorso di un prodotto: dal suo stato finale sino alle materie prime di partenza.
Tutti i componenti della filiera alimentare
sono coinvolti nel sistema di tracciabilità, ovvero dalla raccolta del
prodotto, passando attraverso trasformatori e distributori, fino
all’anello finale: il consumatore. Ciascun passaggio di mano da un
componente all’altro deve vedere la registrazione degli
alimenti o dei prodotti in ingresso, consentendo all’azienda che
commercializza il prodotto finito di poter risalire alle materie prime
di origine. Un esempio è rappresentato dai mangimi
utilizzati per l’alimentazione del bestiame; agli animali che verranno
successivamente macellati si sarà in grado di ricondurre la tipologia di
alimentazione che hanno avuto durante la loro vita.
L’azienda che commercializza il prodotto finale è obbligata inoltre a “creare” codici
distintivi per ciascun lotto di produzione che viene immesso sul
mercato, contenenti informazioni sulla data di produzione e sugli
ingredienti utilizzati; inoltre, l’assegnazione di ciascun lotto
ai distributori finali (ad esempio i supermercati) viene registrata. In
questo modo, nel malaugurato caso in cui lotti di produzione dovessero
essere ritirati dal mercato a causa di questioni legate alla sicurezza o
alla qualità, il ritiro potrà essere quanto più tempestivo ed efficace possibile.
Etichettatura dei prodotti ortofrutticoli
Secondo quanto disposto dall’Unione Europea, i prodotti ortofrutticoli venduti all’ingrosso devono contenere, stampate sugli imballaggi e ben visibili, le seguenti informazioni:
- Identificazione: informazioni sull’imballatore e lo speditore della merce;
- Natura del prodotto: nome e varietà commerciale;
- Paese d’origine del prodotto, eventualmente zona di produzione;
- Caratteristiche commerciali: categoria ed eventuale calibro (diametro massimo e minimo);
- Marchio ufficiale di controllo (facoltativo).
Non
tutte queste informazioni sono visibili al consumatore, a meno che non
si effettuino spese all’ingrosso oppure nei punti vendita dove il
prodotto sia ancora contenuto negli imballaggi di trasporto. Presso
qualsiasi punto vendita di ortofrutta, comunque, è necessario
specificare la provenienza del prodotto: basta guardare l’etichetta o i pannelli informativi per capire l’origine della frutta e della verdura che acquistiamo.
Carne bovina e rintracciabilità
Il
sistema di identificazione e rintracciabilità delle carni bovine nel
nostro Paese è conforme al Regolamento CE n. 1760 del 2000. Attualmente
il sistema di etichettatura è stabilito al D.M. del 25 febbraio 2005 “Linee guida per i controlli sulla etichettatura delle carni bovine”, e riguarda le carni bovine preincartate
(cioè le confezioni che troviamo nel banco frigo del supermercato).
Secondo la legge i prodotti in commercio devono mostrare in modo trasparente al consumatore informazioni quali:
- Codice di riferimento dell’animale;
- “Nato in:” (Paese di nascita dell’animale);
- “Allevato in:” (Paese/i di allevamento ed ingrasso);
- “Macellato in:” (denominazione e sede del macello: “Paese di macellazione” e “N. di approvazione macello”);
- “Sezionato in:” (denominazione e sede del sezionamento: “Paese di sezionamento” e “N. di approvazione laboratorio di sezionamento”).
Se anche solo una di queste voci non è specificata nell’etichetta del prodotto, si tratta di un illecito, punito dalla legge: i casi vanno denunciati alle autorità competenti.
Altre informazioni aggiuntive possono essere rappresentate dalla denominazione del punto vendita e relativo codice di identificazione; dal numero di lotto del prodotto; da sede e denominazione della o delle aziende dove sono avvenuti allevamento e ingrasso; da categoria, sesso e razza dell’animale. Il codice identificativo dell’animale, in particolare, può essere verificato presso il sito internet dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (http://www.anagrafe.izs.it/) e consente di seguire passo passo la “storia” del bovino destinato alla nostra tavola.
Tutte queste informazioni consentono perciò di ricostruire la filiera del prodotto, e di effettuare scelte alimentari in piena consapevolezza.
Le carni avicole
Ricorderemo tutti l’ondata di panico scoppiata nel 2004, quando sembrava che l’influenza aviaria
H5N1 dovesse mettere a repentaglio l’intera popolazione mondiale. Anche
se in realtà si trattò più un cancan mediatico che di un rischio reale
per la popolazione italiana, nel 2005 il governo sotto pressione emanò
un’Ordinanza Ministeriale (“Misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive dei volatili da cortile”)
nella quale si specificava l’obbligo di etichettatura del prodotto: non
solo delle carni intere e sezionate, ma anche dei prodotti a base di
carni avicole (cordon bleu, cotolette, spiedini, ecc.).
Le informazioni obbligatorie presenti in etichetta devono contenere:
- Denominazione di vendita (per esempio, “fusi di pollo”) e quantità netta o nominale;
- Origine delle carni (con indicazioni su Paese e provincia di allevamento: per esempio, “Allevato in Italia – PC”);
- Ragione sociale e sede dello stabilimento di produzione;
- Codice dell’allevamento di provenienza;
- Data di macellazione o di sezionamento;
- Codice identificativo del macello o dello stabilimento di lavorazione;
- Lotto di produzione;
- Indicazione del termine preferenziale di consumo
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