L’intervista è avvenuta in una sede particolare.Una scelta dì grande significato. Per il luogo e le persone incontrate. Lo spazio per l'incontro è stato ritagliato durante la visita che il presidente Mario Monti ha fatto alla mensa dei poveri di Sant'Egidio nel quartiere Trastevere a Roma. Qui ha incontrato immigrati e italiani.
«Persone ferite da una vita dura, aggravata per alcuni dalla crisi economica», come ha ricordato il presidente della Comunità ,Marco Impagliazzo. Un luogo dove i poveri hanno una dignità. Smarrita o ignorata nel resto del Paese.E dove non si sentono soli, ai margini della società. Qui sono serviti a tavola dai volontari. E possono scegliersi il menù. Qui si sentono e sono in famiglia. Con la dignità di fratello e di sorella. Qui sono a casa. Quella casa che non hanno più. O non hanno mai avuto.
Privilegiati e onorati, come fossero "Cristo in terra". Ce lo insegna il Vangelo. Un tempo, "vicario di Cristo" si diceva solo dei poveri, prima di essere applicato al Papa. Qui, a Sant'Egidio, il presidente Monti ha incontrato un’Italia vera, solidale, che dà speranza al Paese. Nonostante crisi e sofferenze. Come quelle delle popolazioni Dell’Emilia, ferita negli stessi giorni da un grave terremoto. È l'Italia della gratuità, del dono,della solidarietà. Non dell'affarismo, degli interessi e dell'utilitarismo. Non ci si salva da soli. Non usciremo dalla crisi senza coesione. Il Paese è una famiglia. Avrà un futuro se resterà unita. Se condividerà difficoltà e speranze. Sacrifici e fatiche. È l'Italia che non lascia indietro nessuno.
Soprattutto i giovani in cerca di futuro e speranza. O chi non ha voce per reclamare ì propri diritti. L'Italia che,nelle difficoltà, chiede più generosità a chi sta meglio. A chi dispone di più beni. Perché la società sia meno egoista. A difesa di vantaggi e privilegi non più sostenibili. Solidarietà e crescita economica vanno di pari passi. Ma alla mensa di Sant’Egidio, Monti ha incontrato una “nuova Italia”. Quella dell’integrazione. Perché nessuno è straniero. Ha avuto modo di sperimentarlo ascoltando delle storie dei commensali seduti al suo tavolo.Come quella di Hadgu, eritreo, giunto in Italia con i barconi della fortuna.
Respinto tre volte, ha rischiato di morire annegato. Ma con la "nuova Italia" il presidente s'è confrontato, quando ha preso in braccio il piccolo Osman, due anni e mezzo, nato in Italia da genitori senegalesi. Il simbolo di una giornata speciale. Che ci ha rivelato il "volto umano", da nonno, di un uomo dipinto spesso come "freddo tecnocrate".
«Sono felice di essere qui», ha detto con voce rotta dall'emozione, «tra anziani e bimbi che sprizzano l'entusiasmo delta vita. Anche se la loro vita è stata difficile e piena di momenti di disperazione». Ora, Osman deve aspettare diciotto’anni per essere italiano. Cosi vuole la legge!
Caro presidente, il suo compito è "salvare il Paese" dal rischio Grecia.Ma la famiglia e i "nuovi italiani", come Osman, sono una risorsa. Anche economica. L'Italia del futuro non può prescindere da loro. Osi di più, contro i vincoli dei partiti. Con più coraggio ed equità. Su questa strada, il Paese la seguirà.
Andrea Riccardi
Fonte : Famiglia Cristiana
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