Gianni Riotta sulla Stampa di oggi ci offre una chiave di lettura dell’attuale situazione socio-economica ispirata alla complessità. L’articolo inizia con “la crisi ci ha reso cittadini di una sola megalopoli, la Terra”, un tributo, non so quanto consapevole, a Terra-Patria
di Edgar Morin. Prosegue chiedendosi da dove si è originata la crisi
che da molti anni sta attanagliando l’economia mondiale. E’ stata la
politica di liberalizzazioni di Clinton? Lo scoppio della bolla
immobiliare USA nel 2007? Il fallimento di Lehman Brothers? La scoperta
dei falsi in bilancio greci?
E qual è la ricetta per uscire dalla
crisi? Tagliare la spese e puntare sul rigore? No, perché questo
aggraverebbe la recessione. Tagliare le spese, le tasse e le regole del
mercato? No, perché proprio la deregolamentazione ha consentito
l’innovazione finanziaria che ha contribuito ad innescare la crisi.
Generare nuovi posti di lavoro aumentando la spesa pubblica? No perché
se no si rischia di finire come la Grecia e si spaventano i mercati.
L’articolo cita il saggio di Andrew Lo pubblicato sul Journal of Economic Literature in
cui lo studioso del MIT raccoglie tutte le ipotesi, le teorie e le
ricette proposte per uscire dalla crisi, prova calcolarne costi e
benefici, vantaggi e svantaggi e non riesce ad uscirne con le idee più
chiare per uscire dalla crisi. Visto che anche il pensiero economico
classico del Novecento (Keynes e von Hayek) non sembra essere in grado
di dirci con chiarezza cosa fare nell’attuale economia globalizzata, per
Riotta è importante dotarci di una robusta dote di umiltà. Economisti e
governi dovrebbero quindi ricercare il dialogo evitando convinzioni
ideologiche e logiche utilitaristiche ed elettoralistiche.
Sono d’accordo con la proposta di Riotta, tuttavia penso che non osi abbastanza e non tocchi il vero punto.
Possiamo anche sperare che i governi dialoghino di più cercando di
comprendere il punto di vista dell’altro, tuttavia questo non produrrà
un risultato duraturo finche non ci sarà la piena consapevolezza del
fatto che una ricetta valida universalmente non esiste. Il mondo è
diventato un sistema complesso, ricco di trade-off palesi e nascosti e
continuamente esposto a discontinuità e retroazioni imprevedibili. In questo contesto il problema non è trovare la ricetta giusta, ma quello di continuare a pensare che esista una ricetta giusta!
Nello stesso modo non ha senso ricercare
una causa originaria della crisi. Nella complessità è totalmente
illusorio e inutile andare alla ricerca del punto zero perché esiste
solo nel nostro modo di concepire il mondo, non nella realtà.
Se si guarda al comportamento dei vertici
europei (in primis l’atteggiamento della Germania), l’approccio ai
problemi economici del Fondo Monetario Internazionale e le idee
economiche, rigorosamente opposte, dei politici ed economisti di destra e
di sinistra, si può ben comprendere come il problema dei problemi sia la non chiara consapevolezza della complessità del mondo.
Che senso ha continuare a dibattere sulle
tasse su o le tasse giù. Sul rigore o sulla spesa pubblica? Non si
avranno mai risposte certe e valide in assoluto a queste domande.
Quello che serve ora è comprendere che le ricette per uscire dalla crisi
possono avere solo una validità temporanea e contestuale (qui ed ora) e
che inevitabilmente, essendo sub-ottimali, genereranno retroazioni
potenzialmente negative per il sistema che qualcuno dovrà poi
affrontare. Se questa fosse la base di partenza dei dialoghi tra i
governi avremo forse l’umiltà necessaria per discutere di come uscire
dalla crisi senza convinzioni ideologiche e assiomatiche e senza un
orizzonte di brevissimo termine.
Fonte : http://complessita.wordpress.com
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