venerdì 1 febbraio 2013

Quando gli alimenti "made in Italy" sono accerchiati dai falsi

consumatoreLa nuova frontiera del business criminale è quella degli alimenti “taroccati”. E mette a rischio anche la nostra salute. "Italia a tavola", il rapporto Mdc e Legambiente.

    Una volta facevano notizia il dente nel confetto da masticare e la rana nell’insalata. Oggi a tenere banco tra le notizie di cronaca sono i “taroccamenti” di tutti i prodotti alimentari di qualità, la clonazione dei gioielli dell’Italia gastronomica. Così è cambiato il volto delle frodi alimentari: mozzarella di bufala prodotta con latte vaccino, olio miscelato o deodorato, pesce congelato spacciato per fresco, pomodoro San Marzano falsamente etichettato.  Ecco cosa non è arrivato sulle nostre tavole perché bloccato prima dall’attività di controllo di Agenzia delle Dogane, carabinieri per la tutela della salute (Nas), carabinieri per le politiche agricole e alimentari, capitanerie di porto, corpo forestale, ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi e ministero della Salute. Anche quest’anno il Movimento difesa del cittadino (Mdc) e Legambiente hanno raccolto tutti i numeri dell’attività di controllo e ne hanno fatto un rapporto, Italia a Tavola, che per il nono anno di fila ci racconta come e quanto si controllano i prodotti alimentari.

La qualità fa gola… anche alla criminalità

Nel 2011 sono stati svolti oltre 1 milione di controlli lungo tutta la filiera agroalimentare: operazioni che hanno portato al sequestro di oltre 24 milioni di chilogrammi di prodotti per un valore di circa 850 milioni di euro. Una cifra che spiega come oramai la qualità dei prodotti italiani faccia tanto gola alla criminalità organizzata.
Tuttavia ciò che sfugge al rapporto, ovviamente, è quello che è arrivato sulle nostre tavole e all’estero spacciandosi per prodotto “100% made in Italy”: “I casi di sofisticazione alimentare in materia igienico-sanitaria non mancano - ad esempio il sequestro a Foggia da parte dei Nas delle oltre 26mila uova pericolose per la salute e le diffuse contaminazioni da micotossine, salmonella e metalli pesanti - ma ciò che salta all’occhio è un evidente cambiamento del modo di delinquere. Oggi chi è dedito a questa attività trova molto più proficuo concentrarsi sulla contraffazione dei prodotti tipici che difficilmente vengono identificati e sono per questo molto più redditizi”, commenta Silvia Biasotto, responsabile del dipartimento di Sicurezza alimentare di Mdc.
In effetti, i prodotti tipici rappresentano una golosa opportunità di affari per i tanti soggetti truffaldini del settore agroalimentare. D’altronde ce n’è per tutti i gusti: l’Italia vanta 243 denominazioni protette Dop, Igp, Stg e oltre 520 denominazioni vitivinicole. “Il Bel Paese è la patria della tradizione di prodotti di qualità, non solo certificata. E proprio quando le sofisticazioni e le contraffazioni colpiscono quei prodotti portabandiera dell’Italia a tavola, le notizie scottano” aggiunge la Biasotto.

Più controlli e sanzioni

Il perché della contraffazione è chiaro: è come sempre una questione di soldi. Il come, anche: si sostituisce un prodotto con un altro di minor pregio ma che presenta caratteristiche affini, ovviamente di minore qualità.
È così che, ad esempio, l’olio vergine d’oliva diventa extravergine destinato in Iran, Stati Uniti, Hong Kong e Territorio Britannico dell’Oceano Indiano con il nome accattivante di “Extra Vergin Olive Oil”. Oppure il giro del mondo del pomodoro: dalla Cina all’Italia per arrivare sugli scaffali dei paesi extra europei, ovviamente con tanto di falsa etichettatura made in Italy.
A rimetterci è il consumatore vittima della frode a danno della sua salute e del portafogli. “Oggi è opinione condivisa che i consumatori sono disposti a pagare di più per una spesa di qualità; purtroppo, però, può accadere che invece di acquistare il prodotto a denominazione d’origine o tipica, si ritrovano nel carrello un prodotto tarocco realizzato con materie prime scadenti o metodologie di produzione non stringenti. Non è escluso anche il caso di prodotti contraffatti che nascondono rischi per la salute: ad esempio quando ci troviamo di fronte a prodotti falsificati con materie prime provenienti da paesi con norme meno stringenti rispetto all’Europa. Può essere il caso della Cina, che è il paese da cui provengono le maggiori allerte sanitarie europee”, spiega la Biasotto.
In questo caso, chi controlla? Se è vero che l’Italia ha uno dei migliori sistemi di tutela della salute alimentare, come dimostrano i dati raccolti da Mdc e Legambiente, è anche vero che una maggiore sicurezza potrebbe essere ottenuta attraverso l’applicazione di norme più severe e certe. Nel 2009, ad esempio, è stato introdotto un reato specifico nel caso in cui la contraffazione riguardi Dop o Igp, solo che la reclusione prevista è fino a due anni e la sanzione amministrativa massima applicabile di 20mila euro. Un po’ poco rispetto al giro d’affari. E poi, non c’è la certezza di incappare nella rete dei controlli.
Secondo i dati dell’Agenzia delle Dogane, nel 2011 sono stati importati circa 11 milioni di tonnellate di prodotti tra frutta, caffè, cereali, carni, preparati alimentari e via dicendo. Per tutti c’è stato un controllo documentale mentre solo su 4 milioni di tonnellate sono stati effettuati controlli più approfonditi.
In un anno, da Agenzia delle Dogane, Carabinieri per la tutela della salute, Carabinieri politiche agricole e alimentari, Corpo delle capitanerie di porto, Corpo forestale dello Stato, ecc. sono stati sequestrati 24 milioni di kg di prodotti

5 proposte per mettere un freno ai truffatori

Le truffe alimentari, come detto, negli anni hanno cambiato volto con la conseguenza che non basta solo saper decifrare le etichette, occorre un sistema di controlli molto più rigido.
È per questo motivo che il Movimento difesa del cittadino e Legambiente hanno messo a punto le 5 proposte che seguono.
  1. Agenzia nazionale e coordinamento dei controlli. È necessario un maggior coordinamento nel settore della sicurezza alimentare: in Italia le competenze sono divise tra più ministeri e spesso ai consumatori manca un riferimento unico e definito.
  2. Sanzioni come vero deterrente per i falsari del cibo. Le associazioni ritengono necessarie pene consistenti, che rappresentino cioè un reale deterrente per i criminali del cibo, in questo caso i contraffattori. Proponiamo sanzioni più incisive, spiegano Mdc e Legambiente, come il ritiro della licenza in caso di reiterazione del reato e la previsione di un sistema di tutela penale ad hoc.
  3. Sportello per il consumatore. Progettare a livello istituzionale un unico “Sportello Anticontraffazione Italiano” per tutelare i consumatori e il “made in Italy”.
  4. Efsa senza conflitto di interessi. Mdc e Legambiente auspicano che l’Efsa lavori e produca pareri a reale tutela della salute dei consumatori.
  5. Etichettatura, codice unico e maggiore trasparenza sull’origine dei prodotti. Il nuovo regolamento europeo in materia di etichettatura dei prodotti agroalimentare (reg. 1169 del 2011) potrebbe essere l’occasione per un riordinamento della normativa in un Codice unico. Sul fronte dell’indicazione dell’origine in etichetta l’Italia ha già emanato la legge 4 del febbraio 2011, che prevede una più ampia estensione dell’obbligatorietà di indicazione dell’origine dei prodotti (e delle materie prime prevalenti) in etichetta. La disposizione non è ancora stata attuata e necessita di una rivisitazione alla luce della nuova normativa europea.
             http://www.regione.emilia-romagna.it

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