L’Italia e il Portogallo sono i
Paesi europei con il più basso tasso di ricambio generazionale in agricoltura.
Solo il 4% dei conduttori
agricoli ha meno di 40 anni di età mentre oltre la metà delle grandi aziende
agricole sono condotte da imprenditori collocabili nella fascia di età fra i 55
e i 60 anni.
Anche il 6° censimento ISTAT
(2010) conferma come per ogni conduttore giovane ci siano 14 titolari di
aziende con più di 65 anni d’età.
Tutto ciò costituisce un fattore
di rischio per il comparto agroalimentare perché contribuisce ad alimentare l’abbandono
dei terreni agricoli ed incide sul ritardo degli investimenti nel settore e
sulle difficoltà a implementare le innovazioni scientifiche di processo e di
prodotto.
Il basso ricambio generazionale
facilita inoltre la persistenza nel Mezzogiorno e in Puglia di quelle
“patologie” fondiarie quali i fenomeni di polverizzazione, frammentazione e
dispersione della proprietà agraria ed anche la scarsa propensione all’associazionismo
ed alla cooperazione.
Uno dei più rilevanti ostacoli ai
nuovi insediamenti giovanili è costituito dall’elevato costo di affitto e di
acquisto dei terreni, pure in una situazione nazionale che vede un calo della
superficie agricola coltivata (SAU) di circa 300.000 ettari nel
decennio 2000-2010, un decremento percentuale del 2,3%, una diminuzione del 30%
di aziende agricole.
A fronte di ciò, considerando il
suolo sia un “bene comune” che una risorsa preziosa per il nostro futuro ne
discende la necessità di dedicare la massima attenzione alle attività che
impattano sugli ecosistemi agrari e forestali, ad evitare la cementificazione
ed al dissesto idrogeologico conseguente alla diminuzione ella SAU ed ai
processi di desertificazione.
In Puglia, a fronte di un lieve
incremento della superficie per orti familiari ed a un consolidamento delle
colture arboree e dei seminativi sui
valori degli anni 90, si registra una diminuzione delle aziende ad indirizzo
zootecnico-foraggero, dei prati permanenti, dei pascoli con conseguente perdita
di biodiversità floreale e faunistica.
Questo è riconducibile ai
fenomeni di abbandono nelle aree marginali come anche all’elevato consumo di
suolo agricolo dell’ultimo decennio con conseguente “crescita” artificiale dei
valori fondiari e non convenienza dell’investimento agricolo.
Inoltre l’incidenza dei giovani
conduttori sul totale degli addetti è inferiore alla media nazionale, così come
la quota delle donne conduttrici ed è pressoché nulla (0,2%) l’integrazione dei cittadini extracomunitari
come coltivatori diretti.
Appare perciò evidente, a fronte
di circa 380.000
ettari di terreni demaniali a vocazione agricola
presenti in Italia, che ci sono le condizioni per incentivare la presenza dei
giovani imprenditori in agricoltura proprio attraverso l’uso del demanio per
arrivare al recupero produttivo delle terre sia della Regione che degli Enti
controllati e dei Comuni sulla base delle disposizioni contenute nell’art. 66
del decreto legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito nella legge n. 27 del 24
marzo 2012 che prevedono l’alienazione
con diritto di prelazione per i giovani imprenditori agricoli definiti dal
decreto legislativo n. 185 del 21 aprile 2000.
La presente Proposta di legge è
composta da 5 articoli.
Nel primo si intende promuovere
l’accesso dei giovani agricoltori ai terreni di proprietà della Regione, degli
Enti controllati e dei Comuni onde favorire il ricambio generazionale frenando
fenomeni come la desertificazione, l’erosione, il dissesto idrogeologico.
Nel secondo si individuano le
disposizioni per procedere alla individuazione dei terreni, fino alla
compilazione di un inventario degli stessi.
Nel terzo si definiscono le
procedure della Regione e dei Comuni per il conferimento degli immobili ai
giovani agricoltori, singoli o associati in cooperative, sulla base di appositi
bandi pubblici.
Il quarto contiene norme volte a
favorire il recupero produttivo delle terre in stato d’abbandono.
Il quinto, la norma finanziaria, non prevede oneri
finanziari a carico del bilancio regionale.

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