E' stata presentata nei giorni scorsi a Expo Milano 2015 la prima vertical farmitaliana, un progetto di serra del futuro messo a punto dall'ENEA per un'agricoltura a chilometri zero, zero pesticidi e zero consumo di suolo. All'Ente Nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile era stato chiesto di risolvere un problema ambientale, quello dei lunghi chilometri di serre sul litorale ragusano che deturpano l'ambiente.
Una vera e propria distesa di plastica che, tra le altre cose, non permette di sviluppare appieno il turismo. Vietare la produzione a chi, nella coltivazione dei prodotti del luogo (come ad esempio i pomodori pachino) ha una vera e propria risorsa vitale, non era, di certo, la soluzione. Bisognava inventarsi qualcosa e, qualcosa, è stato inventato. Spostare la produzione all'interno dell'isola, ma se lì le condizioni climatiche non sono le migliori come si può fare? Da qui l'idea della prima vertical farm italiana, un sistema chiuso completamente climatizzato, senza interferenza con l'ambiente esterno e in grado di far crescere le piante esclusivamente con l'utilizzo di luce a led.
Il prototipo di serra presentato ad Expo, anche se in misura ridotta, è perfettamente funzionante, senza nessun tipo di limite e completamente replicabile in qualsiasi dimensione. Nel futuro ci sarà sempre più l'esigenza di coltivare dove si vive, il chilometro zero, senza troppi giri di parole, è il futuro. Non solo per il minor impatto sull'ambiente, ma anche perché nelle grandi megalopoli del futuro ci sarà una grande migrazione dalla campagna alla città e le zone aride aumenteranno notevolmente. Coltivare in città, quindi, sarà un'esigenza che, questa prima vertical farm italiania, potrebbe realmente soddisfare.
Questa serra verticale, alta quasi cinque metri, coltiva le piante (basilico e lattuga) su più strati, in cubetti di torba pressata immersi in acqua con soluzioni nutritive a riciclo continuo (il cosiddetto sistema idroponico), l'illuminazione – come già scritto – è con LED ad alta efficienza che riproducono il ciclo dellafotosintesi clorofilliana.
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La produzione è praticamente doppia rispetto alle colture tradizionali: per l'insalata, ad esempio, si passa da 6 a 14 cicli di raccolta per ogni piano, con un risparmio del 95% dell'acqua.
Ora i costi sono ancora alti, intorno ai 180.000 euro per la dimensione presentata a Milano. Però le soluzioni, anche in questo caso, si potrebbero trovare. Se uno avesse già un prefabbricato, ad esempio, dovrebbe solo inserire i costi della tecnologia. E poi non ci sono costi di gestione elevati: si consuma poca acqua, zero costi trasporto e non ci sono costi di fertilizzanti. L'energia LED rimarrebbe l'unica voce a gravare significativamente a livello gestionale, con la speranza che nel futuro prossimo si riescano a trovare nuove soluzioni tecnologiche per abbattere le spese e renderla veramente alla portata di tutti.
La vertical farm realizzata dell'Enea combatte lo spreco e, proprio per questa ragione, non potrebbe mai sprecare la lattuga e il basilico che sta producendo in Expo. Attraverso un accordo con Caritas Ambrosiana e Coop Italia, infatti, ogni tre settimane le piante raccolte vengono donate al nuovo refettorio ambrosiano di Milano.
Ma una volta concluso Expo questo prototipo che fine farà? L'Enea, probabilmente, la riprenderà per farla tornare nei suoi laboratori per continuare a fare ricerca. Nella speranza che, un giorno, fare il raccolto in verticale anche in Italia possa essere realtà.
Alessandro Ribaldi
Fonte Green me
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