C´era una volta la spesa di stagione. Non era un´opzione, un
escamotage, una possibilità. Era semplicemente l´unica scelta
possibile. Perché sui banchi dei mercati, ma anche sugli scaffali
dei fruttivendoli, arrivava solo quello che i campi producevano in
quel periodo: cavoli a gennaio e albicocche di luglio, asparagi a
primavera e castagne d´autunno. Un discorso a parte meritavano i
negozi di "primizie". Si chiamavano proprio così: primizie. Perché
vendevano frutta e verdura che ancora non aveva fatto la sua
comparsa in quantità massicce, a prezzi popolari. Anticipavano di
un paio di settimane l´arrivo delle zucchine "nostrane", di un bel
colore verde chiaro, delle ciliegie e dei fichi, sfruttando la
maturazione anticipata delle varietà precoci, il microclima
benedetto di qualche zona di Liguria, Costa Azzurra e Napoletano,
qualche serra. Entrare in un negozio di primizie comportava un
esborso sicuro. Ma la gioia di rubare il tempo a Madre Natura,
assaggiando le fragole quando ancora si faticava a dismettere il
cappotto era una tentazione golosa a cui, chi se lo permettere,
cedeva volentieri. Oggi compriamo tutto in qualsiasi momento
dell´anno.
L´onnipotenza alimentare conquistata grazie all´agricoltura intensiva, alla globalizzazione delle colture, alla spinta genetica, ci consente di mangiare i pomodori a febbraio e le fragole a dicembre, come fosse la cosa più naturale del mondo. A novembre, non c´era ristorante in Puglia che non vantasse gli asparagi in menù. Poco conta che arrivassero dal Perù, dopo un viaggio di diecimila km e un´abbondante dose di chimica addosso per mantenerli belli turgidi. Poco conta che la loro stagione sia la primavera, perché sono depurativi e quello è il momento per lavar via le tossine dell´inverno.
Più che la cultura, potè la necessità. Scoprire che l´ortofrutta di stagione costa di meno è allo stesso tempo deprimente, rigenerante e perfino educativo: finalmente ci ricorderemo di che cosa matura e quando. Il massimo sarebbe associare stagionalità e territorialità. Dagli agriturismi ,risporanti alle aziende, per tutta la Puglia l´agricoltura virtuosa vanta una piccola salda rete di buoni indirizzi. Contemporaneamente all´iniziativa di Rete GAS Puglia altre associazioni hanno deciso di bloccare sessanta prodotti di prima necessità ai prezzi della primavera scorsa. Tutti uniti nel nome di quella "spesa a km zero" - ovvero, a partire da cibi prodotti il più vicino possibile al luogo di vendita - che sta diventando la nuova frontiera del consumo responsabile, dal punto di vista economico, sociale e gastronomico. Perché la freschezza paga in termini di profumo, di consistenza, di gusto, senza dimenticare le vitamine e i sali minerali altrimenti destinati a disperdersi: considerazione da tenere a memoria prima di farvi tentare dalle super-amarene che in questi giorni troneggiano nei piccoli cestini targati Cile.
L´onnipotenza alimentare conquistata grazie all´agricoltura intensiva, alla globalizzazione delle colture, alla spinta genetica, ci consente di mangiare i pomodori a febbraio e le fragole a dicembre, come fosse la cosa più naturale del mondo. A novembre, non c´era ristorante in Puglia che non vantasse gli asparagi in menù. Poco conta che arrivassero dal Perù, dopo un viaggio di diecimila km e un´abbondante dose di chimica addosso per mantenerli belli turgidi. Poco conta che la loro stagione sia la primavera, perché sono depurativi e quello è il momento per lavar via le tossine dell´inverno.
Più che la cultura, potè la necessità. Scoprire che l´ortofrutta di stagione costa di meno è allo stesso tempo deprimente, rigenerante e perfino educativo: finalmente ci ricorderemo di che cosa matura e quando. Il massimo sarebbe associare stagionalità e territorialità. Dagli agriturismi ,risporanti alle aziende, per tutta la Puglia l´agricoltura virtuosa vanta una piccola salda rete di buoni indirizzi. Contemporaneamente all´iniziativa di Rete GAS Puglia altre associazioni hanno deciso di bloccare sessanta prodotti di prima necessità ai prezzi della primavera scorsa. Tutti uniti nel nome di quella "spesa a km zero" - ovvero, a partire da cibi prodotti il più vicino possibile al luogo di vendita - che sta diventando la nuova frontiera del consumo responsabile, dal punto di vista economico, sociale e gastronomico. Perché la freschezza paga in termini di profumo, di consistenza, di gusto, senza dimenticare le vitamine e i sali minerali altrimenti destinati a disperdersi: considerazione da tenere a memoria prima di farvi tentare dalle super-amarene che in questi giorni troneggiano nei piccoli cestini targati Cile.
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