venerdì 10 agosto 2012

KM 0 "…mangiare a Chilometro Zero vuol dire riscoprire il valore della stagionalità. Tra te e la natura i Km sono zero !”

Quando l’espressione “chilometro zero” è applicata ai cibi, alla gastronomia, alla spesa alimentare si intende che i cibi in questione, così come gli ingredienti e le materie prime, nel caso di alimenti lavorati, arrivano dal luogo più vicino a quello di consumo: a zero chilometri, insomma, da dove si compra quell’ortaggio o si fa un pasto.
L’importanza del consumo a chilometro zero è diventata all’ordine del giorno da qualche anno: la globalizzazione delle merci, infatti, se ci ha permesso di avere frutta e verdura fuori stagione come e quando vogliamo, ha anche aumentato i costi (economici ed ecologici) legati a questa disponibilità. Ogni tipo di merce, infatti, se trasportata su gomma, su rotaia, in nave o in aereo subisce due conseguenze: se deperibile rischia di rovinarsi, o comunque di perdere alcune sue caratteristiche, a meno di costosi (e non sempre risolutivi) processi di conservazione, attuati tramite il freddo o altri espedienti (come la maturazione in stiva di alcuni frutti tropicali); inoltre il costo del trasporto si “trasferisce” sul costo finale della merce stessa.
Oltre al costo economico, come si è detto, c’è anche un costo ecologico: per esempio il casco di banane che viene dall’Ecuador (fatte salve le condizioni in cui vengono trattati alcuni lavoratori di quel Paese: esiste anche un costo sociale da non trascurare in alcuni casi) arriva dai nostri fruttivendoli o sui banchi della grande distribuzione con un’impronta di carbonio consistente. La “carbon footprint” comprende anche tutta la CO2 emessa durante il trasporto dalla piantagione al luogo di stoccaggio, da questo all’aeroporto o porto, oltre che a quella prodotta durante il viaggio fino all’Italia e quindi al luogo di commercio al dettaglio.
La filosofia del chilometro zero, invece, oltre al vantaggio economico ed ecologico ne ha anche uno culturale, legato direttamente alla scoperta dei prodotti tipici delle zone in cui vengono consumati e a un’alimentazione che tenti di seguire ritmi più naturali.

fonte :  www.naturmia.it

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