venerdì 12 giugno 2015

Frutta e verdura di un tempo: ecco come salvare i semi dimenticati

Oggi vi parliamo di come salvare i cosiddetti "semi perduti", ovvero tutte quelle specie di frutta e verdura che non si trovano più in commercio, che sono state abbandonate per fare spazio ad un appiattimento dei prodotti agricoli.


"I semi sono un dono della natura, delle generazioni passate e delle diverse culture. E' dunque nostro intriseco dovere e responsabilità proteggerli per tramandarli alle generazioni future."
Comincia così il manifesto sul futuro dei semi redatto dalla Commissione Internazionale dell'Alimentazione e dell'Agricoltura.
Perchè incominciare così l'articolo? Oggi vi parliamo di come salvare i cosiddetti "semi perduti", ovvero tutte quelle specie di frutta e verdura che non si trovano più in commercio, che sono state abbandonate per fare spazio ad un appiattimento dei prodotti agricoli.
Silenziosamente, senza vantarsi, e a proprie spese, adottano e coltivano nei loro normali orti delle piante che altrimenti avrebbero rischiato la completa estinzione, conservandone i semi per ridistribuirli: queste persone sono chiamate seed savers, salvatori di semi.
Ma ciò che rende la loro azione degna di speciale considerazione è che non si stanno occupando di curiosità botaniche conosciute da pochi specialisti o di piante provenienti dalle mitiche foreste vergini. Il loro impegno è piuttosto rivolto a salvare dei vegetali molto più comuni e sotto gli occhi di tutti come patate, pomodori, peperoni, lattughe, cavoli, legumi, cereali e altri, presenti sulle nostre tavole.
A rischiare di estinguersi per sempre è la biodiversità delle loro varietà, soprattutto di quelle più antiche e di quelle tradizionali dei popoli nativi che, assieme a quelle uscite dalla produzione e non più rimoltiplicate dalle ditte sementiere, senza i custodi dei semi sarebbero condannate a scomparire.
Sono migliaia le varietà di ortaggi recuperate e tenute in vita dai seed savers: oltre ventimila quelle salvate dall'associazione americana Seed Savers Exchange, che opera dal 1975 e che, con oltre 8.000 soci, è sicuramente il gruppo più attivo del pianeta.
Il loro annuario, un volume di 500 pagine in carta riciclata stampato con inchiostro di soia, permette ai soci di entrare in contatto fra di loro per scambiarsi i semi delle piante mantenute in vita, e contiene rari tesori della genetica vegetale: oltre 5.000 varietà di pomodori, provenienti da tutto il mondo, di tutte le forme e toni di colore; i mais multicolori, i fagioli e le zucche delle tribù native americane; 400 diversi tipi di meloni di cui la maggior parte antichi almeno di un secolo; 1.200 peperoni di cui una parte provenienti dalle culture amerinde precolombiane; e ancora 850 tipi diversi di lattughe, 900 di piselli, 135 di melanzane, 150 vecchie varietà di girasole, una collezione di 200 tipi di aglio e l'elenco sarebbe ancora molto lungo.
Seed Savers’ Network è invece il progetto nato in Australia che cura la conservazione dei semi della cultura indigena e degli ortaggi importati nel continente dagli emigranti. È stupefacente scoprire quante antiche varietà italiane sono state recuperate presso quelle famiglie che per generazioni hanno continuato a coltivare gli ortaggi dei loro avi emigranti quando in Italia di molte di queste non si trova più traccia.
Ma degno di ammirazione è soprattutto lo sforzo compiuto da questa organizzazione nel conservare e ridistribuire alle popolazioni native i semi dei cibi della loro cultura.
Facciamo un esempio: i fagioli. C’è chi crede che esistano soltanto borlotti e cannellini; in realtà invece si parte da un minimo di cinquanta varietà. E le mele? Al supermercato se ne trovano di 2 o 3 tipi, ma le varietà esistenti sono circa un migliaio. Purtroppo però, a causa della massificazione dei gusti e delle scelte di mercato, le varietà di frutta, ortaggi e cereali che fanno parte della nostra tradizione rischiano di dirigersi a passo svelto verso l’estinzione. Salvare e condividere i semi potrebbe essere il passo successivo alla scelta di aver creato il proprio orto casalingo. Si tratta di una azione culturale e genetica.
Ma dove si trovano i semi antichi?
Ma dove si trovano i semi antichi? Spesso i migliori ritrovamenti avvengono negli orti di anziani che non hanno mai voluto comprare le sementi offerte dai negozi nelle bustine di alluminio e che continuano ancora a coltivare quelle degli avi. Alle volte lo fanno per alimentare un caro ricordo, ma più spesso perché riconoscono che il gusto e la resistenza alle avversità e alle malattie di questi ortaggi è superiore che nelle varietà moderne. Ma poi c'è anche il motivo della tradizione gastronomica popolare locale che necessità di ingredienti speciali i cui semi nessuna ditta sementiera produrrà per lo scarso interesse commerciale che rivestono, come la piattella pisana (una varietà di fagiolo).
Se siete appassionati di agricoltura (chi con la sua terra chi con un orticello casalingo), non vi fermate solo ai semi venduti nei supermercati! La caccia al seme potrebbe risultare molto divertente!
Ma quali possono essere i modi per reperire e scambiare semi e portare avanti così una tradizione millenaria? Non dimentichiamoci che siamo sempre stati un popolo di coltivatori!
Fiere e mercatini biologici: presenti in tutta Italia sono un momento non solo di compra-vendita ma di condivisione e scambio di idee e suggerimenti. Per cercare quello più vicino vi consiglio di visitare il Portale del Mondo Biologico.
I gruppi locali di Civiltà Contadina: dislocati su quasi tutto il territorio sono dei punti di riferimento sopratutto per chi si avvicina per la prima volta all'agricoltura biologica o biodinamica. Trovate tutte le info sull'homepage di Civiltà Contadina
Associazione KokopelliKokopelli Italia si avvia ad essere una delle “antenne” europee dell'organizzazione no profit francese, i propri soci hanno il compito di conservare nel proprio orto almeno una varietà e di consegnare il seme prodotto per la successiva distribuzione.

Sonia Scommegna

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