martedì 14 agosto 2012

Un milione di posti di lavoro. Reperire modeste fonti di finanziamento popolare

A proposito della profonda crisi del mercato dell’auto – italiano ed europeo – e dell’attacco del governo agli incentivi per le energie rinnovabili, Guido Viale ha scritto che «occorre ricostituire uno spazio pubblico – o molte sedi: una per ciascuno dei territori che sono interessati a quei fatti – dove affrontare la discussione in modo operativo». La sua proposta prevede di mettere insieme quanto prima «maestranze e sindacati degli stabilimenti a rischio con le imprese interessate a una generazione energetica locale; e con i loro tecnici, gli esperti della materia (università e centri di ricerca), la cittadinanza attiva» e ovviamente le amministrazioni dei comuni disposti a farsi coinvolgere in progetti di organizzazione della domanda di nuovi impianti energetici sul loro territorio e di conversione ecologica e sociale. A questi temi e alla crisi occupazionale Viale ha anche dedicato «La conversione ecologica», (Nda). Qui di seguito, seguendo queste tracce «Comune» propone un’articolo di Alberto Castagnola, economista. Si tratta di analisi e proposte che possono indicare interventi immediati ma anche percorsi con i quali – sulla scia di Ivan Illich («Disoccupazione creativa») piuttosto che Franco La Cecla o John Holloway («Crack capitalism») – mettere in discussione il paradigma tradizionale del lavoro.
La crisi è profonda e diffusa, nessuno più si sogna di negarlo, ma quanti di noi sono consapevoli che le perdite occupazionali nei paesi industrializzati ammontano ormai a circa 50 milioni di posti di lavoro? Ogni ipotesi di «ripresa» dovrebbe quindi precisare quanti anni sarebbero necessari per riassorbire una tale massa di disoccupati, oltretutto all’interno di un sistema produttivo globale che da molti anni dimostra scarse capacità di creare nuovi posti di lavoro anche nelle aziende di avanguardia in espansione.
L’ approvazione di misure orientate alla ripresa tarda ad emergere nella scena politica europea non solo per la priorità attribuita al contenimento del debito pubblico, ma soprattutto per le preoccupazioni attinenti all’inflazione, che a causa della notevole liquidità esistente, legata agli interventi di sostegno pubblico volti a sostenere il sistema bancario,  potrebbe emergere subito dopo l’avvio di processi di ripresa anche di modesta
entità.
In questa situazione è assolutamente necessario prendere in considerazione tutti i settori nei quali potrebbero essere creati posti di lavoro anche senza attendere l’erogazione di fondi pubblici (poco probabili date le strategie finora adottate dagli Stati industriali). Una prima lista di questi settori – non ordinata per entità dei risultati ottenibili – potrebbe essere la seguente: risparmio energetico, diffusione dell’uso delle energie rinnovabili, espansione dell’agricoltura biologica, graduale conversione di aziende industriali verso la produzione di prodotti utile per la difesa dell’ambiente e della salute e non inquinanti, riforestazione, protezione e valorizzazione di varietà vegetali alimentari, blocco dell’uso di terreni agricoli per usi edilizi e industriali, recupero delle terre e degli abitati abbandonati, modifica radicale della struttura dei consumi, piano di bonifica per i residui di amianto, massima diffusione della raccolta differenziata porta a porta, trasformazione controllata delle abitazioni abusive, piano di riassetto idrogeologico, misure per agevolare il totale rispetto dei referendum sull’acqua, misure di protezione degli altri beni comuni, piano di protezione e rilancio del patrimonio archeologico e artistico, creazione delle infrastrutture per le “autostrade del mare”, riassetto e rilancio dei Parchi e delle zone protette, valorizzazione delle aree a proprietà collettiva e degli usi civici, ecc.
Sono tutti interventi della massima urgenza, però alcuni richiedono  un certo tempo per l’elaborazione di piani e progetti, per l’organizzazione delle iniziative e per l’avvio dei cantieri. Peraltro, siccome l’obiettivo principale sarebbe la creazione di posti di lavoro, si può dare la precedenza a quelli che garantiscano in poco tempo un alto livello di occupazione.
Ma l’aspetto che deve essere sottolineato si riferisce ai metodi di finanziamento e di lavoro, che possono essere applicati a quasi tutte le linee di intervento. Si tratta di reperire modeste fonti di finanziamento, di puntare a forme di finanziamento popolare, di stabilire contatti diretti con l’Unione europea, ecc. in modo da realizzare subito gli interventi di salvaguardia che evitano il degrado irrecuperabile di patrimoni artistici e di terreni coltivabili e che possono essere realizzati anche da manodopera non qualificata.
Si dovrebbe inoltre cominciare a sperimentare l’impiego di personale in cassa integrazione, di giovani in servizio civile, di forme di utilizzo di pensionati dotati di particolari qualifiche, ecc. in modo da avviare subito con spese modeste gli interventi iniziali richiesti per gran parte dei settori sopra indicati. Contemporaneamente, dovrebbero essere sperimentate forme di partecipazione attiva alla difesa e al recupero di risorse locali da parte delle popolazioni più direttamente interessate. A seconda delle dimensioni dei problemi e dei territori di intervento si dovrebbe procedere ad affidare le azioni ad appositi comitati di abitanti del luogo che in primo luogo devono individuare le esigenze e i bisogni e formulare piani preliminari di intervento; successivamente, su tale base esperti e tecnici potranno formulare i piani esecutivi, per la cui attuazione si potrà anche ricorrere a risorse umane e finanziarie esterne ai territori.
Un ruolo particolarmente importante potrebbe essere svolto dagli enti locali: mettere a disposizione spazi e luoghi coperti per feste di economia solidale, mercati a chilometro zero o mercati contadini, e per le attività culturali espresse dalle stesse realtà associate; mettere a disposizione piccoli locali per la distribuzione dei prodotti ordinati dai gruppi di acquisto solidale; sostenere le iniziative di consorzi di associazioni che hanno elaborato progetti di gestione di spazi pubblici per periodi pluriennali; acquistare prodotti biologici per le mense di bambini e anziani; sostenere la creazione di distretti e reti di economia solidale nel territorio di competenza; sostenere lo scambio di esperienze con distretti e reti già funzionanti in altre città e regioni italiane e all’estero; offrire le strutture di comunicazione dello stesso ente locale per ampliare la conoscenza delle iniziative in corso e in programma. Molti di questi interventi possono essere realizzati a costo zero o con spese molto modeste, dati i criteri non commerciali che ispirano le attività di economia solidale.
Infine, sarebbe utile poter disporre di un Tavolo presso l’ente locale che raccolga e faccia incontrare mensilmente tutte le esperienze e le realtà locali impegnate nella creazione di posti di lavoro nell’economia solidale.

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