A proposito della profonda crisi del mercato
dell’auto – italiano ed europeo – e dell’attacco del governo agli
incentivi per le energie rinnovabili, Guido Viale ha scritto
che «occorre ricostituire uno spazio pubblico – o molte sedi: una per
ciascuno dei territori che sono interessati a quei fatti – dove
affrontare la discussione in modo operativo». La sua proposta prevede di
mettere insieme quanto prima «maestranze e sindacati degli stabilimenti
a rischio con le imprese interessate a una generazione energetica
locale; e con i loro tecnici, gli esperti della materia (università e
centri di ricerca), la cittadinanza attiva» e ovviamente le
amministrazioni dei comuni disposti a farsi coinvolgere in progetti di
organizzazione della domanda di nuovi impianti energetici sul loro
territorio e di conversione ecologica e sociale. A questi temi e alla
crisi occupazionale Viale ha anche dedicato «La conversione ecologica»,
(Nda). Qui di seguito, seguendo queste tracce «Comune» propone
un’articolo di Alberto Castagnola, economista. Si tratta di analisi e
proposte che possono indicare interventi immediati ma anche percorsi con
i quali – sulla scia di Ivan Illich («Disoccupazione creativa») piuttosto che Franco La Cecla o John Holloway («Crack capitalism») – mettere in discussione il paradigma tradizionale del lavoro.
La crisi è profonda e diffusa, nessuno più si sogna di negarlo, ma quanti di noi sono consapevoli che le perdite occupazionali nei paesi industrializzati ammontano ormai a circa 50 milioni di posti di lavoro?
Ogni ipotesi di «ripresa» dovrebbe quindi precisare quanti anni
sarebbero necessari per riassorbire una tale massa di disoccupati,
oltretutto all’interno di un sistema produttivo globale che da molti
anni dimostra scarse capacità di creare nuovi posti di lavoro anche
nelle aziende di avanguardia in espansione.
L’ approvazione di misure orientate alla ripresa tarda ad emergere
nella scena politica europea non solo per la priorità attribuita al
contenimento del debito pubblico, ma soprattutto per le preoccupazioni
attinenti all’inflazione, che a causa della notevole liquidità
esistente, legata agli interventi di sostegno pubblico volti a sostenere
il sistema bancario, potrebbe emergere subito dopo l’avvio di processi
di ripresa anche di modesta
entità.
entità.
In questa situazione è assolutamente necessario prendere in
considerazione tutti i settori nei quali potrebbero essere creati posti
di lavoro anche senza attendere l’erogazione di fondi pubblici (poco
probabili date le strategie finora adottate dagli Stati industriali).
Una prima lista di questi settori – non ordinata per entità dei
risultati ottenibili – potrebbe essere la seguente: risparmio
energetico, diffusione dell’uso delle energie rinnovabili, espansione
dell’agricoltura biologica, graduale conversione di aziende industriali
verso la produzione di prodotti utile per la difesa dell’ambiente e
della salute e non inquinanti, riforestazione, protezione e
valorizzazione di varietà vegetali alimentari, blocco dell’uso di
terreni agricoli per usi edilizi e industriali, recupero delle terre e
degli abitati abbandonati, modifica radicale della struttura dei
consumi, piano di bonifica per i residui di amianto, massima diffusione
della raccolta differenziata porta a porta, trasformazione controllata
delle abitazioni abusive, piano di riassetto idrogeologico, misure per
agevolare il totale rispetto dei referendum sull’acqua, misure di
protezione degli altri beni comuni, piano di protezione e rilancio del
patrimonio archeologico e artistico, creazione delle infrastrutture per
le “autostrade del mare”, riassetto e rilancio dei Parchi e delle zone
protette, valorizzazione delle aree a proprietà collettiva e degli usi
civici, ecc.
Sono tutti interventi della massima urgenza, però alcuni richiedono
un certo tempo per l’elaborazione di piani e progetti, per
l’organizzazione delle iniziative e per l’avvio dei cantieri. Peraltro,
siccome l’obiettivo principale sarebbe la creazione di posti di lavoro,
si può dare la precedenza a quelli che garantiscano in poco tempo un
alto livello di occupazione.
Ma l’aspetto che deve essere sottolineato si riferisce ai metodi di
finanziamento e di lavoro, che possono essere applicati a quasi tutte le
linee di intervento. Si tratta di reperire modeste fonti di
finanziamento, di puntare a forme di finanziamento popolare, di
stabilire contatti diretti con l’Unione europea, ecc. in modo
da realizzare subito gli interventi di salvaguardia che evitano il
degrado irrecuperabile di patrimoni artistici e di terreni coltivabili e
che possono essere realizzati anche da manodopera non qualificata.
Si dovrebbe inoltre cominciare a sperimentare l’impiego di personale
in cassa integrazione, di giovani in servizio civile, di forme di
utilizzo di pensionati dotati di particolari qualifiche, ecc. in modo da
avviare subito con spese modeste gli interventi iniziali richiesti per
gran parte dei settori sopra indicati. Contemporaneamente, dovrebbero
essere sperimentate forme di partecipazione attiva alla difesa e al
recupero di risorse locali da parte delle popolazioni più direttamente
interessate. A seconda delle dimensioni dei problemi e dei territori di
intervento si dovrebbe procedere ad affidare le azioni ad appositi
comitati di abitanti del luogo che in primo luogo devono individuare le
esigenze e i bisogni e formulare piani preliminari di intervento;
successivamente, su tale base esperti e tecnici potranno formulare i
piani esecutivi, per la cui attuazione si potrà anche ricorrere a
risorse umane e finanziarie esterne ai territori.
Un ruolo particolarmente importante potrebbe essere svolto dagli enti locali:
mettere a disposizione spazi e luoghi coperti per feste di economia
solidale, mercati a chilometro zero o mercati contadini, e per le
attività culturali espresse dalle stesse realtà associate; mettere a
disposizione piccoli locali per la distribuzione dei prodotti ordinati
dai gruppi di acquisto solidale; sostenere le iniziative di consorzi di
associazioni che hanno elaborato progetti di gestione di spazi pubblici
per periodi pluriennali; acquistare prodotti biologici per le mense di
bambini e anziani; sostenere la creazione di distretti e reti di
economia solidale nel territorio di competenza; sostenere lo scambio di
esperienze con distretti e reti già funzionanti in altre città e regioni
italiane e all’estero; offrire le strutture di comunicazione dello
stesso ente locale per ampliare la conoscenza delle iniziative in corso e
in programma. Molti di questi interventi possono essere realizzati a
costo zero o con spese molto modeste, dati i criteri non commerciali che
ispirano le attività di economia solidale.
Infine, sarebbe utile poter disporre di un Tavolo presso l’ente
locale che raccolga e faccia incontrare mensilmente tutte le esperienze e
le realtà locali impegnate nella creazione di posti di lavoro
nell’economia solidale.
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